Eroiche le ultime parole pronunciate prima di morire.
Non c’è paura nel tono della voce.
La storia del castello è legata alla morte di Gioacchino Murat, re di Napoli, uomo valoroso, impavido che a Pizzo cercava la vittoria e la riconquista del suo regno e invece vi trovò la morte.
Il Castello, impropriamente definito tale, in realtà non fu mai una residenza signorile ma sempre una fortezza militare ed una prigione. Le vicende di questa fortezza sono strettamente legate alle vicende storiche di Pizzo e alle famiglie che qui dimoravano e dominavano: fu quindi proprietà degli Aragonesi prima e dei Sanseverino dopo, da questi, nel 1504 passò in mano a Don Diego Mendoza, da lui, per diritto di successione, alla Casa dei Silva fino a quando nel 1806, per Decreto di Re Giuseppe Napoleone, fu abolita la feudalità con tutte le sue attribuzioni e prerogative. Da questo momento passò al Governo e, infine, al Comune di Pizzo. Con Decreto del 3 giugno 1892, fu dichiarato “Monumento Nazionale”.
All’ interno del maniero una ricostruzione storica riproduce gli ultimi giorni di vita di Gioacchino Murat, rappresentando i diversi momenti della detenzione del Re e dei suoi uomini nelle diverse aree del Castello: all’interno delle celle nei semisotterranei è riprodotta la loro prigionia, di Gioacchino Murat e di alcuni soldati della sua spedizione; al primo piano è rappresentata la scena del sommario processo contro l’ ex Re di Napoli; nella cella in cui il Re trascorse gli ultimi momenti della sua vita e in cui scrisse la lettera di addio alla moglie Carolina e ai suoi quattro figli, sempre al secondo piano, è riproposta la scena della confessione del Re con il Canonico Masdea.